IL RITO DELL’ACQUA
Il potere dell’intenzione, della presenza, della gioia e della passione, spegni i pensieri, fai il vuoto dentro la tua mente e abbi fede.
Il Sacro ed il Rito
Il sacrificio, o sacrum-facere, è l’operazione del “rendere sacro”.
Usare un’energia a disposizione (calore, elettrica, ecc…) concentrandola (“organizzandola”) in un punto in modo da avere una maggiore concentrazione di essa e poter puntare ad un tipo di energia più grande o di livello diverso.
Come quando usiamo un fuoco per scaldare l’acqua per ottenere vapore e far muovere il treno.
Ed il rito ha molto a che fare con il “sacrum-facere”.
Rituale è quella azione che tende “sacrificare” un’energia trasformandola nella direzione di un livello maggiore o, comunque, di natura differente. Di norma – chimicamente ed alchemicamente – si fa qui riferimento al processo di “sublimazione”, ovvero il passaggio/trasformazione dalla natura solida a quella gassosa, eterea.
L’azione rituale ha più o meno questo scopo: trasformare l’azione stessa, di natura “solida”, concreta, funzionale, in un’azione che abbia significato ed effetti di natura “eterea”, spirituale, ideale e quindi immaginale.
In breve: il rito è una funzione immaginale del sacro che avvicina i mondi. E’ un’Azione e quindi agisce nel mondo funzionale delle cose ed ha un valore Simbolico, per cui agisce anche nel mondo delle Idee.
Compiere un rituale significa lavorare a livelli davvero profondi della psiche, un’effettiva presenza di sé favorisce realmente un potenziamento di quella fluidità mentale e d’immaginazione necessaria per un’autentica trasmutazione alchemica.
Prima di iniziare ogni percorso, non puoi incamminarti, se non ti colleghi con la fede, la fiducia che tutto è possibile e che tu sei il creatore della tua vita.
Ho fede. Ho fede. Ho fede.
Spruzza l’Acqua d’Unione nel tuo cuore, richiamala e viaggia, viaggia nel mondo meraviglioso dell’anima mundi.
Il termine rito deriva dal latino ritus e soprattutto dal sanscrito Rtà, come attualità perenne della Realtà Divina, esso va oltre ciò che comunemente si intende per preghiera nelle religioni devozionali, non essendo una domanda al Dio teistico, non una passività, una soggezione ad esso, ma rappresentando una vera e propria Azione, sicuramente la più alta tra le azioni. Esso rappresenta l’azione sacra per eccellenza, quella capace di rimanifestare la forza di un Numen, di un Eroe, di rinnovarne la virtù, la presenza effettiva del Divino nell’Umano.
…compi ogni azione liberandoti dai legami, equanime nel successo e nell’insuccesso…” (Baghavad-gità).
ImmaginAzione: I due mondi
Ogni giorno siamo a metà tra un mondo che chiamiamo “realtà”, fatto di doveri, leggi, oggetti, persone, eventi, cose; ed un altro, denso di desideri, aspirazioni, idee, sogni, che prende nomi diversi a seconda del rapporto che, con quei contenuti, abbiamo di momento in momento.
Questo secondo mondo, Platone lo chiamava “il mondo delle idee”.
È un po’ come dire che esiste un mondo “vero” ed uno “falso”, uno fatto di “cose concrete” e l’altro di “fantasmi”. Ma è anche vero dire che c’è un mondo fatto di “vincoli” ed un fatto di “pura potenzialità”.
Sono sempre gli stessi due mondi: quello delle cose e quello delle idee, quello dove svolgi le tue Azioni e quello da cui queste azioni prendono “spunto” (e spinta), perché animate da una volontà, espressa da un’Immagine.
Siamo in accordo che, prima di un’azione, in un modo più o meno consapevole, c’è un’idea?
“Idea”, dal greco idein (e più arcaico videin), esprime lo stesso significato del nostro verbo “vedere” e le idee, soprattutto quelle platoniche, sono qualcosa che “si vede”.
Il mondo delle idee è il mondo delle immagini.
Riassumendo possiamo dire che ci sono due mondi, quello delle cose e quello delle idee, e che questi due mondi sono in continua interazione, ma spesso in modo inconsapevole, in modo che le idee ci spingono alle azioni nel mondo delle cose.
Idee che sono come immagini-guida.
La vera natura delle azioni
Nelle sue opere, il maestro Gurdjieff ha dato ad intendere che ci sono più mondi e quello che noi chiamiamo “delle cose” egli lo chiama “mondo funzionale”, ovvero il mondo ove si svolgono le funzioni.
Il concetto delle funzioni ci aiuta bene a comprendere che cosa sono quelle che noi, spesso, chiamiamo “azioni”.
Agire non sempre significa essere consapevoli di ciò che si sta facendo.
E questo è vero a diversi livelli: un conto è il movimento inattesa del muscolo o del nervo (sistema nervoso simpatico), o riflesso, sul quale difficilmente abbiamo controllo, un conto sono azioni più complesse, sulle quali non solo vantiamo l’idea di controllo, ma anche di “originalità”.
Sì, insomma, secondo Gurdjieff non è vero che le azioni “partono da noi”, da una “nostra” volontà.
È vero che vengono da una volontà, ma questa non è nostra, perché spesso non c’è un “io” dietro a queste azioni, bensì un riflesso, che rende quell’atto una re-azione a stimoli esterni, non un’azione in base a stimoli interni.
“L’uomo non può fare”, direbbe Gurdjieff. Ma può arrivare a fare. In che modo?
La strada indicata dal maestro armeno passa per la marifat, la saggezza pratica, che Gurdjieff stimolava attraverso
“i movimenti” (detti anche “danze”), con i quali porta la tua attenzione a valicare i suoi stessi confini, ristrettissimi: l’attenzione è colei che cade nella trappola degli stimoli esterni, incapace di posarsi volutamente su una stessa cosa per lungo tempo.
E questo è un modo interessante di intendere il sacrum-facere, ovvero il “sacrificio” necessario per operare la magia, la fusione dei mondi.